Spese straordinarie per il mantenimento dei figli in caso di separazione, divorzio o fine convivenza

L’argomento è forse scontato perché già ampiamente sviscerato, ma dalla mia modesta esperienza ho imparato che i dubbi sorgono comunque e che il tema è sempre in continua evoluzione, come ci dice la giurisprudenza anche attraverso recenti pronunce.

Le ultime pronunce della Cassazione

L’input mi viene dato da una sentenza pubblicata dalla Suprema Corte lo scorso 4 agosto riguardante il rimborso pro quota delle spese straordinarie del figlio in favore del genitore che le ha anticipate, argomento posto spesso al centro di discussioni fra genitori separati, divorziati o non più conviventi. Oserei dire argomento ricorrente spesso come pretesto di scontro.


Prima di addentrarmi nel tema, sintetizzo il principio cui è pervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 22522 pubblicata il 4 agosto 2025: in presenza di un accordo di separazione, il genitore che ha anticipato il pagamento della spesa straordinaria NON DEVE INSTAURARE UNA CAUSA al fine di ottenerne il rimborso della quota dall’altro genitore purché provveda a documentare di avere raggiunto l’accordo con quest’ultimo sulla decisione inerente quella spesa o, quando l’accordo non è necessario, sia in grado di documentare la spesa straordinaria fatta.

Ciò significa due cose, essenzialmente:

  • non (sempre) serve promuovere un giudizio per ottenere il rimborso di una spesa straordinaria;
  • occorre documentare che entrambi i genitori hanno concordato quella spesa o che la spesa, per cui non era necessario l’accordo, è stata eseguita. Tale documentazione deve essere allegata all’atto di precetto, che non è un atto giudiziale.

Ma andiamo per gradi.

Il dovere di mantenere i figli secondo la legge

Il codice civile e ancor prima la nostra Costituzione sanciscono il dovere dei genitori di mantenere i propri figli e ciò a prescindere dal riconoscimento del figlio, ma per il fatto stesso di averlo messo al mondo, come la giurisprudenza fermamente stabilisce.

Ecco perché anche nel caso di dichiarazione giudiziale di paternità, gli obblighi di mantenimento decorrono dal momento della nascita e non dal (l’eventuale e successivo) momento della sentenza dichiarativa della paternità (Cass. 28442/2023, n. 5652/2012) ed ecco perché il dovere di mantenere i figli non viene meno neanche in caso di decadenza dalla responsabilità genitoriale (Cass. pen. 43311/2023).

Ora, finché la coppia genitoriale è unita sentimentalmente, non si pone neanche il problema di comprendere quali siano le spese ordinarie e quali siano quelle straordinarie: in ogni menage familiare ci si dividono i compiti e gli oneri, in genere uno dei partner si occupa di pagare il mutuo o il canone di locazione, l’altro le utenze, uno dei due o entrambi si occupano della spesa alimentare e dell’abbigliamento dei figli, poi ci sono le spese condominiali, la tassa sui rifiuti… Insomma quando si è in due non c’è bisogno di farsi troppe domande e si va avanti “per taciti accordi”.

Naturalmente la situazione cambia quando la coppia resta tale solo come coppia genitoriale, cioè quando il matrimonio o la convivenza finiscono e si pone la necessità di dare un contenuto ben preciso a quel dovere di mantenimento al quale la coppia genitoriale faceva fronte congiuntamente finché era unita: a tale dovere adesso si deve far fronte separatamente, ma sempre in modo tale da soddisfare pienamente l’interesse del figlio.

La giurisprudenza declina il dovere di mantenimento dei figli nel modo seguente:

“Il dovere di mantenere la prole impone ai genitori di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, all’assistenza materiale e morale, all’opportuna predisposizione, fin quando la loro età lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, mentre il parametro di riferimento, ai fini della corretta determinazione del rispettivo concorso negli oneri finanziari è costituito non soltanto dalle rispettive sostanze ma anche dalla rispettiva capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, con espressa valorizzazione non soltanto delle risorse economiche individuali, ma anche delle accertate potenzialità reddituali. Dunque, ai fini della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento, deve tenersi conto, tanto, dei redditi di ciascun genitore come parametro dell’obbligo di mantenimento rispettivamente spettante, quanto delle esigenze attuali dei figli, del tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, delle risorse economiche di entrambi i genitori e della valenza economica dei compiti di cura e domestici assunti da ciascun genitore(Corte App. Roma 1048/2020; Cass. 6197/2005).

Si parte quindi dalla quotidianità: il parametro oggettivo di riferimento è rappresentato dalle “attuali esigenze del figlio” (art. 337 ter c.c.) per raccordarle con le sostanze finanziarie e le potenzialità lavorative di ciascun genitore.

L'assegno di mantenimento | AVVOCATO ANICHINI

L’assegno di mantenimento

Tante volte leggo stupore negli occhi di chi mi chiede un’ipotesi di quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli, specialmente quando domando: quanto spendete, almeno indicativamente, per l’abbigliamento o le scarpe di vostro figlio? Per la spesa alimentare? La ricarica del telefonino? Quanto spendete per il carburante necessario ad accompagnare i vostri figli a scuola o nelle attività sportive? e per il mutuo e le bollette? Vostro figlio esce con gli amici? Ha la paghetta settimanale?

Ebbene queste sono le più ricorrenti voci di spesa che vanno a comporre il costo per il mantenimento ordinario di un figlio, da calibrare su ogni genitore in base al principio di proporzionalità (art. 337 ter c.c.) a seconda dei redditi e del patrimonio di cui è titolare, del tempo che trascorre con il figlio e della conseguente valenza economica dei compiti domestici.

Pertanto l’assegno di mantenimento deve coprire le spese quotidiane e ricorrenti, basate sulle consuetudini e sul tenore di vita cui il minore è stato abituato durante l’unione sentimentale dei genitori. Ciò deve essere garantito almeno tendenzialmente nell’ottica di modificare il meno possibile le abitudini del figlio che già deve affrontare l’inevitabile trauma della disgregazione familiare.

La determinazione dell’assegno di mantenimento (che avviene ad opera del giudice in una causa giudiziale promossa da un genitore contro l’altro o che viene recepita dal giudice in una separazione/divorzio/regolamentazione consensuale) deve essere modulata su base annua, anche se il contributo viene versato mensilmente.

Ciò risponde alla finalità di equilibrare durante tale arco temporale le posizioni dei genitori rispetto al dovere di mantenimento del figlio e, postulando il soddisfacimento di ogni necessità fisiologica che si manifesti ordinariamente ma non necessariamente ogni mese (si pensi alla spesa dell’abbigliamento), essa richiede che la quantificazione del contributo si riferisca all’intero anno (mentre la contribuzione, come modalità erogativa, può essere mensile).

Tale precisazione merita di essere fatta soprattutto perché talvolta accade che il genitore tenuto a versare l’assegno di mantenimento pretenda di sottrarvisi nei periodi di vacanza che trascorre con il figlio, sostenendo che in tale periodo egli provvede direttamente al mantenimento. Così non è, proprio perché la contribuzione mensile rappresenta una modalità di esecuzione di un obbligo il cui contenuto è necessariamente determinato su un arco di tempo più ampio, l’anno.

Esistono altre forme di mantenimento del figlio diverse dall’assegno mensile?

Esiste – anzi, è la forma primaria – il mantenimento diretto del figlio in base al quale ciascun genitore provvede direttamente ai bisogni di sostentamento del proprio figlio senza dover versare o ricevere un assegno perequativo.

Ciò è possibile allorquando il figlio trascorre pressoché pari tempo con l’uno e con l’altro genitore (collocamento paritetico o alternato) e non vi sono rilevanti differenze reddituali e patrimoniali tra i genitori.

Tuttavia quando esiste un divario tra le rispettive condizioni economico-patrimoniali dei genitori, è necessaria la previsione di contributo economico che aiuti il genitore economicamente svantaggiato a far fronte agli oneri di mantenimento del figlio.

Preme aggiungere che l’autonomia negoziale dei genitori consente anche una diversa composizione dell’assegno di mantenimento, dal quale ad esempio possono essere escluse alcune voci di spesa che le parti possono decidere di affrontare, congiuntamente o disgiuntamente, a parte.

A me capita sovente, nelle separazioni o regolamentazioni consensuali, che i genitori mi chiedano esplicitamente di “lasciar fuori” dall’assegno mensile, la spesa relativa a quei beni di prima necessità dal prezzo rilevante, specialmente la spesa relativa ai capispalla (es. cappotto o giubbotti invernali o capi “firmati”), notoriamente più costosi. Nei casi in cui non vi è un’alta conflittualità, questa modalità è praticabile; è comunque consigliabile concordare un tetto di spesa e, preferibilmente, riservarsi di modularlo nel tempo in ragione del verosimile aumentare dei costi legato alla crescita del figlio.

Talvolta accade, inoltre, che al fine di evitare il continuo andirivieni di trolley da una casa all’altra, ciascun genitore preferisca avere un proprio guardaroba per il figlio e, quindi, acquistare direttamente i capi da tenere a casa propria. Anche in tal caso la spesa dell’abbigliamento può essere esclusa dall’assegno di mantenimento.

Infine, va precisato come la giurisprudenza ormai consolidata ritenga ammissibile che il dovere di mantenimento possa essere adempiuto attraverso trasferimenti immobiliari in favore dei figli (Cass. 21736/2013; 3747/2006), quale espressione della libertà negoziale dei genitori, non contraria a norme imperative ed in quanto tale ammissibile.

La giurisprudenza peraltro esclude che tali trasferimenti immobiliari, in favore dei figli, abbiano natura di donazione (proteggendoli quindi da eventuali azioni di riduzione/restituzione nel caso di lesione di legittima), avendo invece funzione solutoria del dovere di mantenimento verso i figli.

Spese ordinarie e spese straordinarie: le differenze

Per esclusione definiamo spese straordinarie quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli (Cass. 9372/2012).

Per esemplificare le spese straordinarie ovvero capire, nella pratica, quali possono essere definite straordinarie è utile riferirsi ai protocolli, condivisi tra organi giudiziari e consigli forensi territoriali, di cui quasi tutti i tribunali sono dotati.

Tali protocolli sono per lo più accessibili consultando il sito web del Tribunale davanti al quale ci si separa o al quale si chiede la regolamentazione della responsabilità genitoriale ed è importante consultarli perché spesso vi sono delle differenze tra l’uno e l’altro (ad esempio la mensa scolastica non è sempre considerata spesa straordinaria, si veda ad esempio il protocollo del Tribunale di Milano ed il protocollo del Tribunale di Modena dove invece la mensa è considerata spesa straordinaria).

Le spese straordinarie possono essere divise nelle macro-categorie delle spese mediche, scolastiche, ludiche e nell’ambito di ciascuna macro-categoria possono distinguersi le spese che richiedono il preventivo accordo di entrambi i genitori ele spese che non richiedono il preventivo accordo.

Chi deve pagare le spese straordinarie e quanto? | AVVOCATO ANICHINI

Chi deve pagare le spese straordinarie e quanto?

Trattandosi di spese occasionali, imprevedibili o comunque non afferenti al regime ordinario del figlio, le spese straordinarie devono essere assolte a parte rispetto al contributo ordinario di mantenimento ed essendo espressione del dovere di mantenimento devono essere assolte da entrambi i genitori, almeno in linea di massima.

La più recente giurisprudenza ha sancito che “in tema di riparto per le spese straordinarie per i figli, il concorso dei genitori, separati o divorziati, non deve essere necessariamente fissato in misura pari alla metà per ciascuno, secondo il principio generale vigente in materia di debito solidale, ma in misura proporzionale al reddito di ognuno di essi, tenendo conto delle risorse di entrambi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti” (Cass. 35710 del 19.11.2021, 16322 del 17.06.2025 e 18953 del 10.07.2025).

Quindi, la misura di compartecipazione alla spesa straordinaria è paritetica solo in presenza di condizioni reddituali e patrimoniali analoghe, ma laddove vi sia un rilevante divario tra tali condizioni si giustifica una compartecipazione in misura percentuale diversa, se non addirittura il totale carico delle spese straordinarie su uno soltanto dei genitori (si pensi quando uno dei genitori è disoccupato e nullatenente). Questo può essere stabilito dal giudice, nell’ambito di una causa, o dalle parti stesse, nell’ambito di una regolamentazione congiunta.

Quali spese straordinarie richiedono il consenso di entrambi i genitori?

Lo spartiacque tra spese ordinarie e straordinarie riflette l’applicazione del criterio di bigenitorialità che, a sua volta, si attua attraverso l’affido condiviso dei figli minori: sulle decisioni “ordinarie” ciascun genitore decide in autonomia sostenendo le relative spese (es. acquisto di beni primari), sulle decisioni di maggiore importanza riguardanti argomenti come la salute, l’istruzione, la formazione, la religione, è richiesto il consenso di entrambi i genitori e quindi ciascun genitore deve poter dire la sua.

Quindi, ad esempio, se la questione è iscrivere il figlio ad una scuola privata o fargli fare una visita specialistica privatamente o fargli fare una vacanza studio all’estero, deve essere richiesto il consenso anche dell’altro genitore, il quale ha diritto a dire il suo sì o il suo no e a compartecipare alla decisione su una questione di fondamentale importanza nella vita del figlio.

Due precisazioni

Tra le spese straordinarie vi sono quelle che non richiedono il preventivo accordo dei genitori: tra queste campeggiano nei protocolli adottati dai vari Tribunali (senza pretesa di esaustività), le visite specialistiche o i farmaci prescritti dal medico curante, la spesa per i testi scolastici ed il corredo scolastico di inizio anno, le tasse scolastiche o universitarie relative a istituti pubblici.

La giurisprudenza infatti ritiene che “in tema di spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli, il genitore collocatario non è tenuto a concordare preventivamente e a informare l’altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti loro ammontare (come ad es. le spese scolastiche, spese mediche ordinarie), riguardando il preventivo accordo solo quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita della prole” (Cass. 17017 del 25.06.2025). Ciò in quanto si tratta di spese che, pur non ricorrenti, rientrano nella fisiologia dello sviluppo e della crescita del figlio, rispecchiando esigenze ordinarie sebbene non quotidiane, rispetto alle quali l’accordo tra i genitori è superfluo, la cui formazione tarderebbe, verosimilmente, la soddisfazione del bisogno del minore.

D’altro canto anche rispetto alle spese che, invece, richiedono il preventivo accordo tra i genitori in quanto, per loro natura, sono imprevedibili e rilevanti, occorre precisare che l’eventuale veto del genitore deve comunque conciliarsi con l’interesse del minore.

In altre parole il rifiuto di sostenere una spesa straordinaria deve essere sempre giustificato e la motivazione deve essere plausibile e non meramente pretestuosa (i famosi “no” per partito preso): su questo argomento la giurisprudenza è ferma nel ritenere che non basti addurre, quale motivazione a sostegno del rifiuto, la “non necessità della spesa”. Insufficiente è stata ritenuta dalla giurisprudenza, ad esempio, l’opposizione di un genitore al rimborso pro quota della spesa per la frequenza di un corso privato di lingua inglese, in quanto il rifiuto non rispondeva all’interesse del minore.

Sul punto si è espressa specificamente la Suprema Corte con la citata sentenza n. 2293/2025, evidenziando che “anche per queste ultime [spese straordinarie per le quali è necessario il preventivo accordo] la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute, alla ripetizione della quota di spettanza dell’altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all’interesse preminente del minore e al tenore di vita familiare (Cass. 14564/2023; 2467/2016). Quindi anche se non vi è stata una specifica concertazione con l’altro genitore sulla spesa straordinaria (es. corso sportivo, corso di lingua, viaggio all’estero..), il giudice può ritenere il rimborso pro quota dovuto, in quanto quella spesa risponde all’interesse del minore e sempre che tale spesa sia coerente con la situazione economico-patrimoniale del genitore chiamato a rimborsarla.

In un’altra pronuncia la Suprema Corte ha considerato rimborsabile la quota di spesa sostenuta dalla madre assegnataria della casa familiare relativa al cambio di serratura e all’impianto di allarme installato dopo il furto avvenuto nella casa familiare (di proprietà del padre): la motivazione della legittimità della richiesta di rimborso risiede nella rispondenza di tale spesa all’interesse del figlio che in quella casa vive (Cass. 17017/2025).

Il diniego del genitore alla spesa straordinaria che richiede il preventivo accordo

Continuando su questo argomento, i protocolli sulle spese straordinarie adottati da vari tribunali introducono anche meccanismi di silenzio-assenso per agevolare i rapporti tra i genitori nella condivisione della spesa: spesso si legge che se, a fronte di una richiesta scritta del genitore su una spesa straordinaria, l’altro genitore non risponde entro 7-10 giorni, la spesa si ha per assentita/autorizzata.

Tale meccanismo deve necessariamente presupporre che il genitore “obbligato” sia messo al corrente della necessità della spesa e sia messo in condizione di poter dare consapevolmente il suo consenso o il suo dissenso: per questa ragione ed anche in funzione preventiva di eventuali contenziosi è necessario che la richiesta di consenso, anche ai fini del rimborso, sia trasmessa in forma scritta, attraverso Whatsapp o email (o fax, anche se è un mezzo desueto) e che, sempre in forma scritta, l’altro genitore dia risposta.

Proprio la mancata operatività di tale meccanismo ha dato luogo al caso concreto che ho preso come spunto per il presente articolo. In quel caso la madre del minore aveva notificato al padre un atto di precetto per il mancato pagamento di una spesa che richiedeva il consenso preventivo di entrambi i genitori ed il padre aveva fatto rilevare, opponendosi giudizialmente al precetto notificatole dalla ex, che non era stata data prova della richiesta del suo consenso. La spesa in questione riguardava la festa per il diciottesimo compleanno della figlia.

Il caso è arrivato al terzo grado di giudizio dove la Suprema Corte ha confermato che il rimborso pro quota della spesa straordinaria da parte del padre nei confronti della madre non fosse dovuto perché quest’ultima non aveva dato prova della preventiva consultazione del primo sulla spesa.

La sentenza è interessante perché, al di là del principio che enuclea, valorizza la manifestazione del consenso genitoriale come espressione fondamentale di una genitorialità consapevole e biunivoca laddove richiede che il genitore debitore sia stato messo nelle condizioni di dire la sua sull’oggetto della spesa.

Il diniego del genitore alla spesa straordinaria che richiede il preventivo accordo | AVVOCATO ANICHINI

E se l’altro non rimborsa? Rimedi per il mancato rimborso delle spese straordinarie

Sul punto la Suprema Corte (19532/2023) ha statuito il seguente principio: “In materia di rimborso delle spese c.d. straordinarie sostenute dai genitori per il mantenimento del figlio, occorre in via sostanziale distinguere tra:

a) gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche lungo intervalli temporali più o meno ampi, sortiscono l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in materia di esercizio della responsabilità in sede di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, previa un’allegazione che consenta, con mera operazione aritmetica, di preservare del titolo stesso i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità;

b) le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell’assegno di contributo al mantenimento, richiedono, per la loro azionabilità, l’esercizio di un’autonoma azione di accertamento in cui convergono il rispetto del principio dell’adeguatezza della posta alle esigenze del figlio e quello della proporzione del contributo alle condizioni economico-patrimoniali del genitore onerato in comparazione con quanto statuito dal giudice che si sia pronunciato sul tema della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, divorzio, annullamento e nullità del vincolo matrimoniale e comunque in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio.”

In definitiva, come si evince anche dalla sentenza del 4 agosto 2025 da cui sono partita, se la spesa straordinaria rientra tra le spese specificamente concordate o tra le spese che non richiedono preventivo accordo in quanto prevedibili e certe (es. visita medica prescritta dal pediatra), il meccanismo di tutela primario è la notifica di un atto di precetto, atto stragiudiziale con cui il genitore creditore intima all’altro di pagare (anzi, rimborsare) la sua quota di spese straordinarie: tale atto deve essere notificato unendo necessariamente la sentenza (che rappresenta il titolo giuridico che giustifica tale intimazione in quanto enuclea l’obbligo del genitore di compartecipare alla spesa straordinaria, “il titolo originario di condanna”) e la documentazione attestante l’accordo sulla spesa o la spesa fatta.

In questo caso non è necessario instaurare alcuna causa ordinaria deputata ad accertare la debenza di tali spese, le quali son dovute in virtù del fatto che è stato integrato e documentato il meccanismo pattizio previsto nella sentenza o sono state documentate spese che non richiedono alcun accordo preventivo. Qualora il genitore debitore, entro dieci giorni dalla notifica dell’atto di precetto, non adempia, è possibile avviare una procedura esecutiva (pignoramento dello stipendio/conto corrente o altro). L’atto di precetto si pone, in tal senso, come una sorta di avvertimento rispetto alla possibilità di attivare procedure forzate di esecuzione del credito.

Diverso è il caso in cui la spesa straordinaria viene contestata in quanto tale. È interessante la fattispecie sulla quale si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 16175 del 30.07.2015 con la quale la Suprema Corte si è espressa in merito al rimborso della quota di spesa sostenuta da uno dei genitori per lo stage negli USA della figlia (per l’apprendimento della lingua inglese) nonché per l’acquisto della sua cameretta. Tali spese, pur non essendo state autorizzate dal padre (il quale non era stato preventivamente consultato al riguardo) sono state ritenute dalla Corte rimborsabili in quanto rispondenti all’interesse della figlia e compatibili con la condizione economico-patrimoniale del genitore. Tale sentenza ha rappresentato l’epilogo di tre gradi di giudizio, iniziati con un ricorso per decreto ingiuntivo, seguito dall’opposizione promossa dal padre.

In tal caso lo strumento di tutela utilizzato dal genitore che aveva anticipato la spesa è il ricorso per decreto ingiuntivo ovvero un procedimento veloce, che si basa sulla presentazione al giudice, da parte del genitore creditore, della documentazione fiscale che attesta la spesa straordinaria fatta nonché della sentenza che prevede l’obbligo di compartecipazione alla spesa straordinaria.

Su queste uniche basi documentali, il giudice emette un decreto con cui ingiunge al genitore debitore di adempiere immediatamente alla spesa, salva comunque la possibilità per lo stesso di proporre opposizione al decreto ingiuntivo e quindi di aprire un procedimento ordinario (o a cognizione piena, cioè basato sul contraddittorio delle parti e quindi sulla possibilità di ciascuna parte di difendersi), che si articolerà in udienze (di trattazione ed eventuale istruzione) e che avrà il suo epilogo in una sentenza che accerterà o meno il diritto al rimborso di quella spesa.

Per lo stesso tipo di spese straordinarie – ovvero quelle spese che si caratterizzano per eccezionalità, imprevedibilità ed onerosità che quindi richiedono il preventivo accordo –  e che non sono state autorizzate dall’altro genitore (che rifiuta il rimborso) può essere necessario instaurare, direttamente, un giudizio ordinario, notificando al genitore un atto di citazione affinché il tribunale accerti il diritto al rimborso del genitore che ha anticipato la spesa.

Al riguardo vi sono diverse sentenze che riguardano ad esempio il diritto al rimborso dei costi di alloggio dello studente fuori sede, che in più occasioni la Corte ha ritenuto rimborsabili, anche in difetto di accordo con l’altro genitore, in quanto spesa rispondente all’interesse (formativo) del figlio e compatibile con il contesto socio-economico del genitore debitore (Cass. n. 18954/2025; n. 33939/2023; n. 19532/2023).

In un altro caso la Suprema Corte ha ritenuto rimborsabile alla madre assegnataria della casa familiare la spesa per la sostituzione della serratura e per l’installazione dell’impianto di allarme nella casa familiare di proprietà dell’altro genitore: trattandosi di spesa deputata a proteggere il figlio da atti delittuosi (spesa sostenuta dopo un furto nella casa), la Suprema Corte ha ritenuto la sua rimborsabilità in favore della madre da parte del padre che in questo caso si era opposto, a monte, al decreto ingiuntivo azionato dalla madre (Cass. 17017/2025).

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La gestione delle spese straordinarie, soprattutto in situazioni di separazione, divorzio o fine convivenza, può diventare motivo di conflitto e di incertezza. Ogni caso ha le sue particolarità: differenze economiche tra i genitori, esigenze specifiche dei figli, interpretazioni diverse su cosa rientri o meno nelle spese straordinarie.

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