Quando la mediazione non è percorribile?

Non tutti i conflitti in famiglia sono mediabili

Ci sono conflitti non mediabili semplicemente perché una o entrambe le parti del conflitto NON VOGLIONO MEDIARE.

E la VOLONTARIETÀ è requisito essenziale perché la mediazione inizi, prosegua e funzioni bene.

Perchè non si vuole mediare?

Uno dei motivi più ricorrenti del non voler mediare risiede nel fatto che il conflitto tiene in vita il legame con l’altra parte: finché si litiga, si avrà un contatto con quella persona e quindi risolvere la litigiosità significherebbe perdere l’occasione di interagire con quella persona.

Tuttavia non mediare per mantenere una relazione distruttiva e tossica è disfunzionale rispetto all’interesse al centro di quella relazione, del minore ad esempio, se parliamo di genitori che si separano.

A volte non si deve mediare

Poi ci sono casi che NON SI POSSONO MEDIARE. E oggi vi porto un caso significativo in cui è stato necessario interrompere la mediazione.

Mediazione familiare: il caso di Marta e Simone

Marta e Simone, sposati da 10 anni, un figlio, Gabriele, di 9.

E’ Marta che prende l’iniziativa di separarsi. Simone la tradisce da tempo e Gabriele lo ha scoperto perché, giocando con il telefonino del papà, ha letto la chat con l’amante.

Marta teme per la serenità di Gabriele e ha deciso di separarsi.

Ma non vuole guerre legali. Vuole solo che Gabriele viva serenamente.

Simone ha scelto l’avvocato che li seguirà nella separazione: uno per entrambi, almeno si risparmia sui costi legali. A Marta sta bene.

E’ proprio il loro legale che mi contatta e che mi chiede di poterli ricevere insieme a lui.

Fisso il primo incontro e dopo avere informato Marta e Simone ed il loro legale su come si svolge il percorso di mediazione familiare, su quali sono le regole di tale percorso ed i costi, il loro legale mi dice che i suoi clienti hanno bisogno di essere aiutati a trovare un accordo equo e, soprattutto, un accordo che tuteli il minore.

Resto sorpresa dal fatto che il legale si sia sentito in dovere di fare questa precisazione.

Dopo avere ricevuto le informazioni sul percorso, Marta e Simone, incoraggiati dal loro legale, mi chiedono di iniziare il percorso.

Il primo incontro di mediazione | Studio Legale Romina Anichini

Il primo incontro di mediazione

Mediatrice “Come posso aiutarvi?”.

Marta “Voglio trovare velocemente un accordo con mio marito per separarmi da lui. Abbiamo un figlio di 9 anni, mi interessa solo la sua tutela”.

Simone “Infatti tu non hai diritto a nulla!!! sei un’ incapace totale  non hai mai fatto un c+++o nella tua vita e che cosa vorresti da me? è ovvio che dobbiamo parlare solo di Gabry”.

Mediatrice “Simone la invito a moderare i toni, le ricordo che si è impegnato insieme a Marta a mantenere un linguaggio rispettoso”.

Simone “Io parlo come mi pare di questa qua…..vuole la separazione, ma voglio proprio vedere come farà a stare senza di me!”.

Marta ha la testa abbassata e non proferisce parola.

Mediatrice “Simone non mi è chiaro se lei voglia questa separazione”.

Simone “Per me è uguale. Io faccio comunque la mia vita. Ma voglio proprio vedere come farà lei senza di me”.

La mediatrice cerca lo sguardo di Marta per darle la parola ma lei continua a tenere la testa abbassata e sembra sfuggire a qualsiasi invito a intervenire.

Allora la mediatrice chiede chiarimenti a Simone che ripete la sua frase “Voglio proprio vedere come farà lei senza di me”: Simone può farmi capire meglio, facendomi qualche esempio?”.

Simone ”è semplice! questa qua non ha mai fatto niente nella sua vita,è sempre stata in casa e al massimo è andata a pulire le case degli altri, come crede di campare senza di me? La casa è mia e la pago io, quindi lei se ne deve andare ma ……dove crede di andare con mio figlio?”.

Marta continua a sfuggire lo sguardo della mediatrice e ad evitare qualsiasi tipo di contatto. Quando tenta di rispondere, Simone si sovrappone e non la fa parlare, nonostante gli inviti della mediatrice a rispettare i turni di parola.

Una situazione che non evolve

La situazione è monotona. Non c’è circolarità, non c’è dialogo, c’è un forte squilibrio che non consente alcuna evoluzione. E’ già chiaro dalle prime battute (praticamente solo di Simone) che non abbiamo un obiettivo condiviso.

A questo punto la mediatrice manifesta l’opportunità di sentire separatamente Marta e Simone.

Chiede a Marta di restare nella stanza e a Simone di accomodarsi nella sala d’attesa.

Lui sbuffa, lei appare spaventata. Ribadisco che sono io a dirigere il confronto e le modalità.

Il colloquio riservato con Marta

Quando Simone è fuori, la mediatrice si rivolge a Marta che alza lo sguardo, mostrando gli occhi lucidi.

Mediatrice “Marta mi è chiara la sua volontà di separarsi e di voler trovare un accordo. Su quali argomenti ritiene che si debba trovare un accordo?”.

Marta “A me va bene tutto, mi basta avere serenità per Gabriele”.

Mediatrice “Per essere sereno Gabriele avrà bisogno di un tetto, giusto?” Lei annuisce. “Simone ha affermato che la casa è di sua proprietà. Lei ha già un’idea di dove andare?”.

Marta “Farò più lavori per permettermi un affitto”.

Mediatrice “Marta questo denota un gran coraggio e una grande forza d’animo. Come pensa di organizzare il tempo con suo figlio?”.

Marta “Non so….. dovrò assumere una baby sitter….credo…”.

Mediatrice “Potrebbe essere un’idea pensare ad una distribuzione di tempi con ciascun genitore che sia anche funzionale agli impegni lavorativi di ciascuno?”.

Marta “Simone non ha tempo perchè lui ha il suo lavoro …. al limite nel week end ma non so se Gabry vorrà stare da solo con il padre”.

Mediatrice “Marta se la sente di spiegarmi meglio questa affermazione’”.

Marta “Preferisco di no….”.

Mediatrice “Rispetto la sua volontà e non insisto. Rispetto alla necessità di accudire Gabriele quando lei sarà al lavoro, mi sembra che non abbia ancora un programma ben preciso…parla di baby sitter. Ha parlato con Simone della possibilità di condividere i costi?”.

Marta “Ah no! Assolutamente! Lui non accetterebbe mai di spendere soldi per una baby sitter. Lui ritiene che solo la mamma si debba occupare dei figli”.

Mediatrice “Marta è corretto dire che lei si occupa prevalentemente della casa e di suo figlio e che ogni tanto fa delle ore di pulizie domestiche?”.

Marta “Sì è così, è l’unico tipo di lavoro che mi permette di occuparmi anche della casa e di Gabry”.

Mediatrice “Marta, mi sembra di capire che ora lei sia disposta ad accollarsi tutto il carico personale ed anche economico relativo a Gabriele. Non ritiene che anche Simone debba avere un ruolo rispetto a Gabriele?”.

Marta “Non ho altra scelta”.

Mediatrice “Ho bisogno di comprendere meglio questa affermazione”.

Marta “Simone non vuole darmi un centesimo né per mio figlio né, tanto meno, per me ed io non ho altra scelta se voglio separarmi”.

Mediatrice “La ringrazio Marta. E’ giunto il momento che io veda, da solo, Simone”.

Marta esce, con la testa abbassata.

Il colloquio riservato con Simone

Entra Simone, spazientito dall’attesa.

Mediatrice “Simone su quali temi della vostra separazione crede che io possa aiutarvi?”.

Simone “Sinceramente per me è del tutto inutile stare qui”.

Mediatrice “Se la sente di spiegarmi il motivo di questa sua affermazione?”.

Simone “Semplice! E’ quella là che vuole separarsi, no? Quindi che se ne vada da casa mia. E’ una sua scelta e se ne deve assumere tutte le responsabilità”. E aggiunge “Voglio proprio vedere come farà con quei 200 euro al mese che prende a fare le pulizie. Non ci pago neanche le bollette con quella miseria, figuriamoci se riesce a sopravvivere con suo figlio”.

Mediatrice “Quindi mi sembra di capire che lei non intende dare un contributo economico per suo figlio?”.

Simone “Io a lei non do un centesimo! Mio figlio lo mantengo quando sta con me”.

Mediatrice “Quindi lei ha già in mente quando potrà stare con suo figlio?”.

Simone “Non ho molto tempo perché devo lavorare tutto il giorno, dato che devo pagare il mutuo di casa, il prestito dell’auto e poi ora che quella se ne uscirà di casa, dovrò pagare anche le bollette”.

Mediatrice “Ciò significa che finora Marta ha pagato le bollette di casa con ciò che riesce a guadagnare?”.

Simone “Ovvio! Lei mi consegna quello che guadagna che a mala pena mi basta per pagarle. D’altra parte non sa fare altro”.

Mediatrice “Quindi, mi pare di capire che il vostro menage familiare sia organizzato in modo tale che lei si occupa del mutuo e del prestito dell’auto e Marta dà il suo contributo pagando le bollette e occupandosi di vostro figlio!”.

Simone “Occuparsi di nostro figlio è un suo dovere! Non è certo un contributo alla famiglia!”.

Mediatrice “Simone, mi ha appena detto che con quello che Marta guadagna ogni mese, lei riesce a mala pena a pagare le bollette. Si è chiesto come vivrà suo figlio dopo la separazione?

Simone “Gabriele saprà che è colpa di sua madre questa situazione. Per me si poteva andare avanti come si è sempre fatto finora”.

Mediatrice “Direi che la sua posizione è chiara. Chiamo Marta”.

Verso la conclusione del percorso di mediazione | Studio Legale Romina Anichini

Verso la conclusione del percorso di mediazione

Mediatrice “Marta e Simone, con rammarico devo comunicarvi che questo percorso si conclude qui e ora.

Ho compreso che mancano le condizioni per poter procedere liberamente e consapevolmente con questo percorso.

Quando manca la volontarietà – che non è semplicemente volontà di iniziare o proseguire il percorso – io non posso andare avanti. Qui da una parte manca la libertà di poter decidere del proprio futuro e dall’altra non c’è disponibilità al dialogo. Per questa ragione mi devo fermare.”

Quando la mediazione familiare non è possibile?

Il caso di Marta e Simone evidenzia:

  • soggezione psicologica ed economica di Marta,
  • squilibrio di potere a favore di Simone,
  • mancanza di autonomia nella scelta del legale.

La mediazione familiare non è sempre praticabile

Situazioni di violenza psicologica, verbale o economica rendono impossibile un confronto libero e paritario.
In questi casi, può essere più utile indirizzare le persone verso percorsi di supporto psicologico.

Il caso che vi ho raccontato ha evidenziato con grande chiarezza lo stato di soggezione psicologica ed economica di Marta rispetto a Simone, condizione che non avrebbe consentito uno scambio di opinioni, un dialogo costruttivo, una circolarità di idee e la possibilità di far emergere il bisogno sotteso alla posizione della stessa e di Simone.

Lo squilibrio di potere – chiaramente proteso verso Simone – ha impedito alla mediatrice familiare di approfondire la posizione di ciascuna parte.

Il fatto stesso che il legale incaricato per la separazione sia stato scelto (e probabilmente pagato) da Simone esalta ancora di più la subalternità di Marta e l’impedimento ad esprimersi liberamente e ad autodeterminarsi.

La richiesta e la precisazione del legale che ha accompagnato le parti all’incontro informativo mi ha anche indotto a pensare che lo stesso abbia avuto bisogno di aiuto nel far spostare Simone dalla sua posizione irremovibile negatrice di qualsiasi contributo economico per il figlio minore. Posizione che non avrebbe potuto trovare accoglimento da parte di nessun giudice e che avrebbe reso fallimentare il ricorso di separazione.

Questo caso ci insegna che non solo la violenza fisica, ma anche le forme di violenza più sottili (e talvolta più subdole), come la violenza psicologica, verbale ed economica, pongono la persona passiva ad un livello di incomunicabilità con l’altra tale da impedire qualsiasi tipo di scambio costruttivo e lasciare spazio, magari, ad altre forme di aiuto, come il supporto psicologico, che il mediatore familiare può suggerire.

Casi come questo non devono tuttavia far pensare che qualsiasi situazione in cui sia ravvisabile uno squilibrio di potere non sia mediabile.

Ciò dipende sempre dal caso specifico e dipende sempre da una valutazione del mediatore familiare le cui competenze e la cui esperienza lo aiutano a capire se e come può lavorare con le parti in conflitto e quando è opportuno o doveroso fermarsi.

Nei casi di non mediabilità o di “sospetta” non mediabilità può essere utile peraltro avvalersi della mediazione telematica, a tutela soprattutto della parte che appare più debole e come strumento che può facilitare, attraverso le sessioni separate, la manifestazione della propria posizione di debolezza o di passività rispetto alle varie forme di violenza e la possibilità di chiedere e ricevere aiuto ed orientamento.

Il lavoro del mediatore familiare può quindi essere utile anche in situazioni non mediabili quando aiuta ciascuna parte a prendere consapevolezza della propria posizione di subalternità o di squilibrio e a prendere atto della necessità di affrontare e dare risposta al bisogno di aiuto personale.

Bisogno di aiuto di cui deve prendere consapevolezza non soltanto la parte debole o passiva del rapporto, ma anche la parte forte di quel rapporto: in questo senso il mediatore, soggetto neutrale ed imparziale e soprattutto soggetto terzo e altro dal soggetto passivo del rapporto, può essere utile al soggetto “forte” nel palesare la necessità di farsi aiutare e nell’orientarlo verso percorsi di affrancazione per soggetti maltrattanti.

Vuoi sapere se il tuo caso è mediabile?

Ogni conflitto è unico e solo un confronto con un professionista può aiutarti a capire se la mediazione è la strada giusta per te.

Se stai vivendo una situazione di conflitto familiare e vuoi capire se la mediazione può aiutarti, contattami per un incontro informativo senza impegno.
Sono a tua disposizione per ascoltarti e orientarti verso il percorso più adatto al tuo caso.

I miei contatti

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romina@avvocatoanichini.it

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