È possibile per una donna single accedere alla PMA in Italia?
Nello stesso giorno in cui la Corte Costituzionale ha ammesso che la madre intenzionale o sociale possa riconoscere giuridicamente il figlio della partner, madre biologica, concepito all’estero con le tecniche della procreazione assistita, la Corte ha deciso su un altro tema importante: può la donna single ricorrere alla procreazione medicalmente assistita in Italia?
Si può in Italia concepire un figlio senza un partner?
E quindi si può rispondere ad un desiderio di genitorialità al di fuori di una relazione di coppia (etero o omosessuale non importa)?
La risposta è no.
La motivazione è complessa e la leggiamo nella sentenza n. 69 emessa dalla Corte Costituzionale il 22 maggio 2025.
Il caso della donna single che ha chiesto la p.m.a. nella clinica di Firenze
Una donna si era rivolta ad un centro medico di Firenze dove si praticava la procreazione medicalmente assistita per poter procedere con il percorso ed avere un figlio. La donna, non coniugata né legata affettivamente ad alcuno, chiedeva di potervi accedere ed il centro rifiutava la richiesta in quanto single, alla luce dell’art. 5 della Legge 40/2004, la legge sulla p.m.a.
La legge 40 infatti riserva la procreazione medicalmente assistita alle coppie eterosessuali, composte da persone maggiorenni, coniugate o legate da relazione di convivenza e quindi non contempla espressamente la donna single come soggetto legittimato ad accedere alle tecniche di p.m.a.
Alla luce di tale rifiuto la donna si è rivolta al Tribunale di Firenze che ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 5 della Legge sulla p.m.a. ritenendo violati diversi articoli della Costituzione.
I profili di incostituzionalità sollevati dal Tribunale
In particolare il Tribunale di Firenze ha ritenuto che tale norma non rispettasse gli articoli 2 e 13 della Costituzione in quanto in contrasto con il diritto incoercibile della persona di scegliere di costituire una famiglia anche con figli non genetici e con la libertà di autodeterminazione rispetto alle scelte procreative.
Inoltre sempre secondo il Tribunale di Firenze la legge sulla p.m.a. comporterebbe una disparità di trattamento tra coppie e persone single, con violazione quindi del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), nonostante il nostro ordinamento tuteli la famiglia mono-genitoriale.
La legge sulla p.m.a., nella norma di cui all’art. 5, sarebbe discriminatoria anche perché non tutte le donne avrebbero la possibilità economica di recarsi all’estero, nei paesi dove la p.m.a. è ammessa anche ai single. Così come viene ritenuto violato il diritto alla salute, riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione, nella misura in cui tale legge, non permettendo alla donna single di diventare madre in un’età in cui è ancora fertile, la danneggerebbe sotto il profilo psico-fisico
Infine secondo il Tribunale di Firenze tale legge contrasterebbe in generale con il divieto di interferenza dello Stato nella vita privata e familiare di ogni persona, riconosciuto dalla CEDU, in quanto non permetterebbe al singolo di scegliere e costituire il proprio modello di famiglia e di riconoscersi quindi in un modello mono-genitoriale.

Perché la Corte Costituzionale nega la p.m.a. alle donne single
Preliminarmente il Giudice delle leggi ha ritenuto inammissibili le questioni relative alla violazione della liberà personale di autodeterminazione sulle scelte procreative e sulla scelta del modello di famiglia nonché la questione relativa alla violazione del divieto di interferenza dello stato nella alla vita privata e familiare, in quanto il Tribunale di Firenze non aveva precisato le ragioni specifiche di tale asserita compressione dei diritti.
In altre parole la Corte costituzionale ritiene che per affermare che una legge dello Stato lede una libertà fondamentale, sia necessario enucleare motivazioni ben precise e non affermarne genericamente la violazione.
Proseguendo nella sua disamina la Corte ha osservato come la Legge 40/2004 è stata emanata per consentire a coppie con problemi di infertilità, ovvero con limitate o assenti capacità riproduttive non reversibili, di avere figli genetici. Successivamente la Corte ha peraltro esteso la portata della Legge ai casi in cui uno dei due genitori fosse portatore di malattie geneticamente trasmissibili.
Alla luce di tali finalità la Corte ha ribadito di NON poter intervenire estendendo le tecniche della p.m.a. alle donne single, in quanto la legge è nata per finalità terapeutiche e quindi ha escluso che la p.m.a., da rimedio per i casi di infertilità patologica della coppia eterosessuale, possa diventare una modalità procreativa per i casi di infertilità “fisiologica”.
Le finalità terapeutiche e il principio di precauzione
Questa è anche la ragione per la quale la Corte è ferma nel non ammettere l’accesso alla p.m.a. alle coppie dello stesso sesso (femminile), che tuttora devono recarsi all’estero per poter avere un figlio. Figlio che oggi – rammentiamolo – può essere riconosciuto anche dalla madre non biologica.
La Corte precisa che, essendo la materia di competenza primaria del legislatore, il suo compito è essenzialmente quello di trovare un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte nel rispetto della dignità umana.
Su questo punto richiama una sua sentenza del 2019 dove affermava come la legge sulla p.m.a. non viola il principio di ragionevolezza in quanto l’art. 5 della stessa (che ammette l’accesso alla p.m.a. solo alle coppie di maggiorenni eterosessuali che abbiano problemi di infertilità o malattie geneticamente trasmissibili) è proprio “volto ad assicurare al bambino che deve ancora nascere quelle che secondo la valutazione [normativa] e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale appaiono in astratto come le migliori condizioni di partenza”.
I precedenti e il confronto con altri casi
La Consulta poi prosegue osservando come la legge 40/2004, nel voler regolare la materia della p.m.a., ha operato un bilanciamento di interessi, ispirato al principio di precauzione.
In sostanza, a fronte dei progressi scientifici che hanno consentito la fecondazione a prescindere dal fatto naturale della procreazione, il legislatore ha voluto evitare una distanza eccessiva rispetto al modello della generazione naturale della vita, ma ha anche voluto proteggere l’interesse dei futuri nati.
Secondo la Corte Costituzionale il fatto che la legge sulla p.m.a. non abbia finora avallato il progetto genitoriale che conduce, almeno a priori, all’esclusione della figura paterna si spiega ed è legittimo alla luce del principio di precauzione nell’interesse dei futuri nati.
Alla luce di ciò la compressione dell’autodeterminazione procreativa della donna single non è irragionevole né sproporzionata e quindi la legge è giusta.
E secondo la Corte non rileva in senso contrario il fatto che lo stesso Giudice delle Legge nel 2023 abbia consentito l’impianto dell’embrione crioconservato nella donna che ne faccia richiesta nonostante nel frattempo (ovvero dopo la fecondazione) sia intervenuta la crisi coniugale o l’interruzione della relazione con il padre che chieda di poter revocare il proprio consenso. In questo caso infatti l’embrione è già stato fecondato e la donna non fa che portare a compimento una procedura per la quale ha già esposto la sua salute a rischio.
Anche sotto il profilo della lesione al diritto alla salute psico-fisica della donna single a cui viene rifiutato l’accesso alla p.m.a., la Corte ritiene che non vi sia alcuna violazione perché l’infertilità o le minori capacità riproduttive legate all’età fisiologica della donna non sono riconducibili ad una patologia e quindi non si iscrivono nella ratio della legge stessa.
Allo stesso tempo il senso di delusione derivante dalla mancata soddisfazione del desiderio di genitorialità non può, secondo la Corte, comportare la lesione del diritto alla salute costituzionalmente garantito, la cui portata non può essere estesa a tal punto.
Il principio di non discriminazione secondo la Consulta
La Corte contesta che la legge sulla p.m.a. discrimini la donna single dalla coppia eterosessuale vietando alla prima l’accesso alle tecniche procreative: la Corte afferma che si ha disparità di trattamento quando situazioni omogenee vengono disciplinate diversamente, in modo irragionevole ed oggettivo, ed evidenzia che la situazione della donna singola è obiettivamente diversa e disomogenea da quella della coppia eterosessuale che per ragioni patologiche non può procreare.
Infine secondo la Corte la legge sulla p.m.a. non è discriminatoria rispetto alle donne che non possano permettersi economicamente di recarsi all’estero per effettuare la fecondazione assistita: il Giudice delle Legge esprime molto laconicamente il concetto secondo cui l’esistenza di leggi straniere più permissive non determina di per sé l’illegittimità delle leggi italiane se queste sono comunque conformi alla Costituzione.
E quindi il fatto che una donna italiana single possa recarsi all’estero per avere un figlio, eludendo il divieto di p.m.a. posto in Italia, non significa che la legge 40/2004 sia incostituzionale.
In definitiva non può essere ritenuta causa di discriminazione una legge nata per finalità terapeutiche (porre rimedio all’infertilità patologica) e quindi non può ritenersi discriminata la donna singola alla quale venga opposto rifiuto per l’accesso alle tecniche sulla p.m.a.

Quali tutele legali per i figli nati da PMA all’estero da madri single?
Sebbene la legge italiana non consenta l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle donne single, nulla vieta a una cittadina italiana di recarsi all’estero per intraprendere questo percorso nei paesi in cui è ammesso. In questi casi, il figlio nato da una PMA realizzata fuori dai confini italiani ha diritto a essere riconosciuto dalla madre biologica secondo le modalità ordinarie previste dal nostro ordinamento (artt. 254 e seguenti c.c.). Il riconoscimento del figlio da parte della madre single è quindi pienamente valido e non viene messo in discussione.
Tuttavia, la situazione diventa più delicata sul piano della tutela giuridica complessiva del minore. In mancanza di un secondo genitore, e in assenza di una normativa che regolamenti esplicitamente questi casi, il bambino non beneficia di tutte le tutele normalmente previste per i figli nati in un contesto familiare riconosciuto dalla legge italiana. Non vi è, ad esempio, un riferimento normativo univoco in merito al riconoscimento di una figura genitoriale sociale, ai diritti successori o alla cittadinanza derivante da un secondo genitore non presente o non riconosciuto. Si può forse ricorrere all’adozione in casi particolari se il caso concreto lo permette ma, come ho scritto nell’articolo sulle unioni civili, gli effetti non sono quelli propri di un’adozione piena e legittimante.
Pertanto, chi intraprende un percorso di PMA all’estero come madre single dovrebbe valutare attentamente, con il supporto di un legale esperto, le implicazioni legate al riconoscimento del figlio, alla sua cittadinanza, ai diritti successori, all’assistenza sanitaria e al futuro rapporto con le istituzioni scolastiche o sociali. Solo in questo modo è possibile assicurare al minore una tutela piena, nel rispetto della sua identità e del suo diritto a una genitorialità chiara e legalmente protetta.
Alcune considerazioni finali
Sebbene la legge italiana non consenta oggi alle donne single di accedere alla procreazione medico assistita, resta alta l’attenzione verso la crescente richiesta di maternità assistita da parte di donne che desiderano avere un figlio senza partner. In questi casi, molte scelgono di rivolgersi a centri esteri per procedere con forme di inseminazione artificiale per single o di fecondazione eterologa, modalità che non prevedono un legame genetico con entrambi i genitori.
Resta esclusa, invece, anche per gli aspiranti padri, ogni possibilità di maternità surrogata, pratica vietata in Italia e sanzionata anche penalmente in quanto ritenuta lesiva della dignità della donna.
Oggi si parla sempre più spesso di maternità single come scelta consapevole e legittima. Tuttavia, in assenza di un intervento legislativo, queste situazioni restano escluse dall’ambito di applicazione della procreazione medicalmente assistita. Il dibattito su cosa rientri effettivamente nella PMA e su un’eventuale estensione dell’accesso alle tecniche riproduttive è ancora aperto e oggetto di confronto tra giurisprudenza, politica e società civile.
Hai bisogno di chiarimenti su questo tema?
La scelta di intraprendere un percorso di maternità da single, soprattutto attraverso la procreazione medicalmente assistita all’estero, solleva questioni complesse dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.
Per questo è importante ricevere un’adeguata consulenza legale che chiarisca quali siano i diritti riconosciuti in Italia, le modalità corrette di riconoscimento del figlio, nonché gli eventuali rischi o criticità in ambito civile e amministrativo.
Come avvocato specializzato in diritto di famiglia e mediazione, propongo consulenze personalizzate nel mio studio di Formigine in provincia di Modena – anche online – per aiutarti a comprendere quali tutele siano previste per te e per tuo figlio, come affrontare eventuali criticità legate al riconoscimento del minore e quali siano i limiti imposti dall’attuale normativa italiana.